Alba Savoi. Pieghe di luce 2007-2014
A cura di: Salvatore Luperto
L’evento è il secondo appuntamento di Osservazione ciclo di sei mostre promosse dall’associazione culturale FUORI CENTRO con l’intento di riflettere sul ruolo dell’arte, il suo valore e campo d’azione.
Pieghe di Luce
Paul Cezanne fu contento di sé quando scoprì che “la luce è una cosa che non può essere riprodotta ma deve essere rappresentata attraverso un’altra cosa, attraverso il colore”.
La stessa emozione vive Alba Savoi quando elabora e rielabora i riverberi del vetro catturati su di una parete della sua casa. E’ in un particolare momento di alcune giornate di Novembre e di Dicembre, quando il sole inclina i suoi raggi sino a toccare un vaso di vetro trasparente dal quale si proiettano sul muro bianco le luminosità dei raggi rifratti, che Savoi, soffermandosi sui “giochi astratti” della luce, con la fotocamera ne riprende le trasparenze cromatiche e le innumerevoli rifrazioni di quei raggi mutevoli.
Così come accadeva a Cezanne, il quale scomponeva la realtà di un paesaggio o di una natura morta in forme regolari sovrapposte ma distinte dalle molteplici variazioni tonali del colore, Savoi, affascinata dalle immagini riflesse sulla parete ne cattura la “fragilità” e la “variabilità” con una serie di scatti fotografici, con i quali fissa il momento, unico e singolare, nella continua trasformazione dell’intensità della luce e del colore. L’artista, elaborando da ogni fotogramma spettacolari immagini, individua in ognuno pieghe e ondulazioni nell’alternarsi di luci e ombre. E riconosce nei segni e nelle tracce evanescenti le parole che parlano le immagini, nel momento in cui legge e interpreta il linguaggio della luce. Nuove parole sono quindi le pieghe, le stesse grinze che dagli anni Ottanta affascinano l’autrice e la incuriosiscono per ciò che esse esprimono nella casuale e susseguente disposizione ritmica dei segni che ne derivano.
Nelle pagine con Le scritture di pieghe del 1981, realizzate con la pressione della tela che, allentata dalla tensione del telaio, si deformano in grinze e ondulazioni, Mirella Bentivoglio riconosce una “grafia del rilievo” la cui scrittura “perde l’inchiostro, assume l’ombra, diviene soffio d’aria imprigionata. Ciò che, nella sua estrema realtà fisica, è la parola”.[1] Analogamente riguardo al libro-oggetto Di-aria del 1982, presentato in occasione della mostra personale, tenutasi nel 1984, nella Galleria Il Brandale di Savona, M. Bentivoglio valuta le “pieghe-scrittura” evidenziando che “Ciò che scrive, in queste pieghe è la luce; e l’inchiostro della luce è l’ombra (…). E queste carte, lievemente ondulate, dopo il bagno cromatico, non irrigidite successivamente da vetri e cornici, si allineano su piani diversi in installazioni pensili che cancellano e trasformano la realtà ambientale. Questo mosaico leggero suggerisce gli stessi liberi andamenti del vento e delle correnti marine”.[2] M. Bentivoglio individua così nelle pieghe-scrittura la leggerezza impalpabile degli “andamenti del vento e delle correnti marine”.
Una scrittura di luce, di vento, di acqua, priva di consistenza tattile, sebbene sia nella realtà di materia, di tela, di segni concreti. Anticipa quindi l’autorevole Bentivoglio, il valore della piega incorporea, immateriale, priva di consistenza fisica che Savoi rappresenterà in seguito con le prime elaborazioni fotografiche sulle rifrazioni dei raggi solari.
Dal 2007 l’artista approfondisce la ricerca sul segno-piega realizzando una serie di opere sui riverberi della luce. Con l’applicazione di una foto su di un’altra foto attaccata su di un supporto rigido, retinato con una sottilissima trama di cotone, crea opere astratte, diafane nelle velature cromatiche che evocano leggeri e trasparenti veli mossi dal vento o da un flusso di energia che penetra tra le ondulazioni luminose.
Alba Savoi nella ricerca appassionata della “variabilità” della luce si lascia coinvolgere emotivamente dalle forme astratte, dalle luci e dai colori che si trasformano e dalle “continue possibilità-altre-della stessa immagine” (come lei riferisce) attraverso l’elaborazione al computer. In particolare l’artista è coinvolta dalla levità silenziosa che parlano le luci e le ombre in ogni immagine, una poesia silenziosa che svela un significato spirituale, interiore, che giunge dalla luce creando una dimensione, un’architettura eterea, un’altra scrittura di segni e di pieghe scritta dai raggi del sole.
L’intero ciclo di Pieghe di luce, di trentuno opere, si sofferma sul valore delle ombre, che si disegnano come pieghe, come segni che l’autrice definisce di luce, alle quali unisce un’essenza concettuale, spirituale: di una piega che non si frammenta in parti, ma che contiene e ritiene, che si pieghi e si ripieghi in tante parti. La luce-piega è l’indefinito tempo, ed è la temporanea vita per la sua mutevolezza e variabilità; è tensione di energia che si rivela nei riflessi della luce, nei suoi infiniti cambiamenti. E l’opera Nell’Universo pieghe di luce, che l’artista ha dedicato a Margherita Hach, evoca l’idea dell’infinito, nell’immagine di luce in quel “celeste” sovraumano, astronomico, che non ha corpo, che affiora dal nulla e che si annulla negli intensi e luminosi bagliori.
Ma più semplicemente la piega può essere intesa come una sosta, una pausa di riflessione nel cammino volto alla ricerca di una verità, di una certezza vera.
Salvatore Luperto