FRANCA BERNARDI: il tempo si fa spazio
A cura di: Loredana Rea
Il tempo ha generato tutto ciò che è e che sarà Atharva Veda, XIX 54,3 La ricerca di Franca Bernardi si svolge tutta nel campo della pittura, di cui l'artista esperisce metodologicamente le potenzialità espressive ed evocative. L'opera è costruita dentro due diverse polarità, quella del colore, steso con una gestualità misurata, regolata ma avvolgente che si traduce in un infittirsi di pennellate lunghe e in un crescendo di modulazioni intense, e quella della sua impaginazione nello spazio del quadro. La tessitura cromatica, sempre calibrata da una studiata e dialettica alternanza di blu e nero, otticamente equivalenti, è bilanciata da una rigorosa misura percettiva, che annullando ogni implicazione sensuale legata all'uso di una materia estremamente raffinata, azzera l'intelaiatura architettonica dello spazio. Tutto, infatti, sembra riportato a una dimensione interiore, in cui il tempo, che è l'invisibile struttura portante dell'immaginario, permette al colore di espandersi o contrarsi ben oltre la griglia imposta dalla geometria. Il quadro non è più materializzazione della relazione con lo spazio, bensì coscienza dello spazio. Non è più materializzazione dell'irreversibile fluire del tempo, bensì coscienza di un tempo assolutizzato.
Il tempo, cioè, costruisce la complessa articolazione dello spazio stesso dell'opera, per creare una pausa, una arresto visivo nell'inarrestabile movimento vitale, una smagliatura che interrompe il ritmo dell'ordito. La pittura, allora, porta alla sparizione del mondo fenomenico, alla dimenticanza della sua consistenza, dei suoi contorni, dei suoi riflessi. Spinge oltre, per giungere alla comprensione della realtà che si nasconde dietro le apparenze. Dipinge se stessa per ricreare il flusso vitale che il tempo scandisce senza battute di arresto. I gesti misurati plasmano sulla tela una trama vibrante, che pur rimanendo ancorata alla superficie suggerisce la profondità incommensurabile in cui spazio e tempo si equivalgono, perché ordinati da una mentalità bergsoniana che tende a cogliere tali dimensioni nella loro intrinseca relazione. Il colore, invece, induce a percorrere i sentieri che si snodano fitti ben al di là dei limiti fisici della tela. La superficie dell'opera, allora, si apre metaforicamente, quasi ad annullare l'ordinaria visibilità del quadro e il tempo si fa spazio, non quello finito della realtà fenomenica ma quello infinito che sta al di là di essa, in una tensione che si avvicina a quella della vita.