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18/02/2003 al 07/03/2003 PAOLO COSENZA: Transitorietà anche confutabili
A cura di: Ivana D'Agostino
Di formato quasi sempre quadrato, le tele di Paolo Cosenza esprimono della sua pittura la provvisorietà di una ricerca che non si vuole dare certezze affermative stabili. Nel senso che anche il titolo della mostra Transitorietà anche confutabili intende rimarcare una effimericità d’azione dichiarata, che anche in quel suo ambito di marginalità incerta e indefinita prevede la possibilità di essere contraddetta. Temporaneità quindi in linea con la fruizione veloce, segmentata, per parti, di un immaginario collettivo attuale che non segue più lo svolgimento di azioni complete nel loro divenire: un immaginario alimentato di icone sempre più scollate le une dalle altre, fatto di zapping veloce da un canale televisivo all’altro, da un sito internet all’altro, dove la frenesia dell’accumulo di imput mediatici spesso incongruenti fra loro, colti in rapida successione attraverso l’uso del telecomando o cliccando sul mouse del computer, rivelano la necessità odierna dei più di eliminare la pausa lunga indispensabile alla riflessione. Il nuovo tempo mediatico fatto di ritagli e flash di immagini sempre più velocizzati si sostituisce ad essa con nuovi repertori ottenuti con il sistema del taglia incolla, anch’esso di derivazione informatica. E’ da qui, dal mondo dell’informazione globalizzata e della pubblicità di più antica e più recente generazione che Paolo Cosenza mutua il suo linguaggio di segni e icone, tuttavia riformulandolo attraverso un più tradizionale uso di tele e pennelli. La banalizzazione intenzionale dei colori dei fondi, rosa e azzurri celestini come di certe pubblicità di dolciumi e articoli per l’infanzia degli inizi del Novecento, è così da lui usata come formulario di base a supporto delle nuove icone, altrettanto banali, che l’artista vi dissemina sopra captandole dalla comunicazione mediatica in rete, dai video game, dai display dei cellulari. Ne nascono tra gli altri soggetti pittorici le immagini icasticamente lievi dei Paesaggi internazionali con previsioni del tempo, di cui i primi si datano dal ’99, con tanto di striscia di sabbia in primo piano, ombrellone e nuvolette. E’ quella che lui chiama una pitturina quasi casuale e ingenua giocata sul limite tra nascondimento e desiderio, fatta di ironia intelligente, un po’ sotto tono com’è nello stile di Cosenza che rifugge dal chiasso per ricavarsi un suo spazio borderline. Affiora evidente da queste scelte il suo personale viraggio degli imput mediatici predetti, riassorbiti in immagini soft private di quell’aggressività urlata di cui sono spesso latori; ridefinendoli insomma attraverso la lente distanziante della ludicità che li trasforma in un gioco ironico. Che proprio perché tale cela una realtà ben più profonda attraverso la dissimulazione e il paradosso. Nascono così le tele intitolate Quasi un gioco da nulla. In esse il segno vivacemente cromatico tracciato con la guida del cerotto adesivo usato dai carrozzieri, nello stabilire i termini di una personale concettualità espressiva, ribadisce altresì la dimensione ludica dell’operazione. In questo senso spinge anche la lettura, ancorché quasi riassorbita nel tessuto pittorico, dei fili tagliati aggiunti al colore, la cui casualità con cui sono disseminati sulla tela, introduce un ulteriore margine di accidentalità. Accidentalità leggibile anche come frattura, interruzione dello spazio visivo ma anche come riconnessione delle parti, è quella approntata da Cosenza con le cuciture a vista delle tele, da intendersi come ulteriore e più recente accrescimento della sua ricerca. Con esse aggiunge ulteriori segni, spessori e spaziature del campo visivo che tuttavia non traguardano certezze, e che anzi, attraverso le aggiuntature della tela lasciano aperti spazi di lettura transitori, anche confutabili. Roma, 1 febbraio 2003
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