Elena Nonnis. Round about
A cura di: Ivana D'Agostino
Elena Nonnis presenta un percorso complesso: ha intessuto la trama delle proprie emozioni all’interno dello spazio della galleria. Ha cominciato con un nodo, un piccolo nodo, come quelli che faceva da bambina per ingannare il tempo. E poi a quello ne sono seguiti altri, molti metri di nodi che si avvolgono su se stessi, perché come dice l’artista “i nodi segnano l’esistenza e diventano ricordi, diventano legami, diventano tempo”. A Fuori Centro i nodi hanno finito per diventare una matassa scura che invade la galleria a tracciare un percorso che si raggomitola su se stesso per perdersi e ritrovarsi, come in un labirinto, magari senza mai trovare il bandolo della matassa.
Da alcuni anni con caparbia tenacia e ostinata costanza Elena Nonnis tesse senza sosta la trama delle proprie emozioni, per costruire una sorta di simbolica mappa sensibile e suggerire la forza irrefrenabile di quel flusso eterogeneo e ininterrotto, che come un fiume carsico attraversa la quotidianità, scandendo il farsi sempre diverso di ogni accadimento. Matasse di filo si posano nello spazio e sembrano crescere impercettibilmente, ma in maniera costante, a rendere visibile la complessità di un percorso che l’artista dipana e poi aggomitola, sussurrando sommessamente una storia fatta di esperienze diverse, in cui le tensioni emotive si intrecciano per mettere a nudo se stesse. Sono viluppi inestricabili, neri, densi e avvolgenti, presenze inquietanti e al tempo stesso rassicuranti, perché pensate per accogliere e custodire la fragile memoria del tempo trascorso e, soprattutto, l’incorporea sostanza del sentire.
Il filo scuro, sottile e tenace materia di ogni pensiero, come a seguire le leggi di un arcano sviluppo, tiene insieme i frammenti degli accadimenti intimi e segreti dell’esistenza, annodati gli uni agli altri per formare la struttura portante di un racconto interiore, di un dialogo con sé e tra sé. La vita del resto non è altro che una storia, da srotolare delicatamente, prestando attenzione affinché non si smagli.
Tutto comincia con un nodo, un piccolo nodo, come quelli che l’artista faceva da bambina per ingannare il tempo e rosicchiare uno spazio in cui stare sola: un gioco innocente, una sfida apparentemente insignificante, che le permetteva di sfuggire alla realtà e tornare indietro ogni volta che lo desiderava, superando i timori e le incertezze di smarrirsi, di allontanarsi troppo senza saper ritracciare la strada giusta. Il nodo, infatti, rappresentava un punto fermo cui aggrapparsi, per andare oltre, ma anche per ritornare sui propri passi, al punto di partenza.
A quel nodo poi ne sono seguiti altri, legati tra loro indissolubilmente, a formare intrecci che si attorcigliano su se stessi, senza mostrare né l’inizio né la fine, suggerendo anzi un senso di palpabile inquietudine nella necessità di misurarsi ogni giorno con i propri limiti, per arrivare alla consapevolezza di sé.
I nodi segnano allora in maniera profonda l’esistenza, diventando l’emblematica materializzazione di legami, ricordi, gioie e sofferenze, prove difficili che la vita chiede di superare, spesso senza possibilità di appello e tracciano ora la direzione di un cammino che torna sempre su se stesso, per perdersi e ritrovarsi, come in un labirinto, magari senza mai afferrare il bandolo della matassa.
A Studio Arte Fuori Centro Nonnis ha costruito intorno al vuoto dello spazio espositivo un percorso minimale: un grande groviglio di fili neri si avviluppa più volte intorno alla parete bianca del fondo, mentre piccole opere su carta e un calibrato video contrappuntano il suo sviluppo. È un nido, rifugio fragile eppure resistente, in cui nascondere il peso di ogni difficoltà e di tutti quei dolori che scuotono la vita. La sua forma elementare e incombente dialoga in maniera serrata da una parte con la fugacità dei piccoli fogli, tracce labili e persistenti che indicano i confini di un territorio di ricerca definito dalla necessità di interrogarsi per provare a dare senso a ciò che appare inesplicabile, dall’altra con i segni del breve video, che si aggregano e separano seguendo il ritmo di un flusso sempre diverso, familiare oppure straniante.
A guidarla filo su filo, nodo su nodo sembra essere l’urgenza di dare forma a un’ossessione: il timore di perdersi e non sapere ritrovarsi. Ma i fili ordinati e al contempo disordinati e i nodi che improvvisi ne interrompono la linearità, compongono la struttura di un discorso articolato, che sfiora con insospettata levità le incertezze di ogni esistenza, nell’intento di mettere tutti in una condizione di ascolto e accoglienza, pronti ad assistere a una vicenda che piano piano si dispiega sotto gli occhi.
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