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01/04/2003 al 18/04/2003 PAOLO GOBBI : Sul bianco
A cura di: Loredana Rea
Per Paolo Gobbi la pittura è strumento di ricerca, indagine e verifica, scelto per esprimere l’ineludibile necessità di coniugare il bagaglio linguistico, progettuale e metodologico offerto dalle seconde avanguardie con la tradizione del fare arte, per mettere in fertile connessione l’esigenza di riscoprire le radici originarie della cultura occidentale con il desiderio di cambiamento e l’ansia di rinnovamento che caratterizzano la contemporaneità. Sperimentazione e tradizione a partire dalla seconda metà degli anni ottanta rappresentano, dunque, i due termini di un costruttivo confronto cui l’artista fa costante riferimento, per assecondare da una parte la naturale curiosità verso l’esplorazione di differenti esiti linguistici, e dall’altra la necessità di superare la superficie del quadro, per aprirsi allo spazio reale, inglobandolo nell’opera. Ma al di là della rigorosa e imprescindibile analisi sulle possibilità espressive di materiali diversi, che in questi ultimi anni lo ha spinto a esplorare orizzonti plurimi, la pittura, materia d’elezione, rimane costantemente il nucleo vitale della sua ricerca. Anche quando, come per i lavori recenti, realizzati in questi primi anni del nuovo millennio, essa diventa velatura leggera, impalpabile che accresce il vigore di una forma elementare, poeticamente evocativa eppure straniante nella sua geometrica incidenza. Infatti, in queste opere, in cui l’artista mescola con ricercata misura tecnologia e tradizione, il computer e la sapienza tecnico-artistica, la materia cromatica, quasi delicatamente consunta dall’inarrestabile scorrere del tempo, è tenuta sotto registro da una rigorosa ricerca formale, che azzera la carica sensuale insita nella pittura stessa e, contemporaneamente, esalta ogni minima variazione di tonalità o di luce, per impedire che il procedimento di sublimazione si estremizzi nell’annullamento totale. Il linguaggio di Gobbi, superata definitivamente ogni tensione connotativa, ha subito, quindi, una forte accelerazione verso la semplificazione e la pittura, sebbene rarefatta, sublimata nel costruttivo processo di analisi tautologica, diventa specchio di se stessa, della sua articolazione, della sua struttura, delle sue capacità semantiche. È da questa nuova declinazione dell’originaria ricerca che nasce l’installazione Sul bianco, in cui l’artista, continuando a sperimentare le capacità espressive della pittura, in stretto rapporto con l’essenzialità di forme geometriche elementari, costruisce profondità spaziali lungo cui inoltrarsi, fisicamente oltre che virtualmente. Gobbi ha realizzato un intervento minimale eppure complesso: elementi ovali di circa un metro, in pvc su un’anima di legno smaltato, sono appesi alle pareti, distanziati in modo da proiettare delle ombre. Sono forme bianche lattiginose da cui emergono delle delicate cromie, che spaziano dal blu al verde. Polvere di marmo bianco ricopre il pavimento a creare la sensazione di fluttuazione nello spazio. La luce, quindi, vibra sui muri e a terra, che non rappresentano più i claustrali confini di uno spazio geometricamente delineato, e le forme dialogano con il vuoto, eblematicamente esemplificato dal bianco, dissolvendo il limite tra il finito e l’infinito. Lo spazio, quindi, non è più quello fisicamente limitato dell’opera: i piani si annullano e le profondità diventano incommensurabili, tanto che ogni possibilità di misurarne l’estensione è annullata. A dominare è il bianco assoluto e totalizzante, opaco eppure estremamente abbagliante, che assorbe e riflette la luce a creare una sensazione di momentanea apparizione: è come se nell’indistizione tra notte e giorno, tra la pienezza della luce e l’oscurità che confonde i sensi, nel momento in cui il mondo onirico abbraccia ancora tutta la realtà, i vapori evanescenti dell’alba si materializzassero nell’essenzialità delle forme ovali e sulla loro superficie dessero vita a inaspettati effetti cromatici, il blu trapassa nel verde attraverso tonalità metalliche, argentee, mentre il verde trascolora nel blu lasciando emergere cromie ramate. Il bianco, pulsionalità sublimata che racchiude in sé tutti i colori, luogo dell’ideale geografia mentale della creatività in cui ogni cosa è racchiusa, pronta ad emergere dall’indeterminazione assoluta per arrivare alla pienezza della vita, è l’idea intorno cui Gobbi ha costruito questa nuova installazione per esaltare la forza della pittura, che se da una parte è strumento per misurare l’infinita estensione dello spazio, anche quando essa è solo evocata dalle molteplici vibrazioni del bianco, e, contestualmente, strumento per esaltare la geometrica purezza delle forme, dall’altra finisce inevitabilmente con esprimere la dicotomia tra la presenza e l’assenza, tra il fenomeno e il noumeno, tra il qui e l’oltre, contrapposizioni dialettiche entro cui la ricerca artistica si dibatte da sempre.
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