Ilia Tufano. La Parola Del Mare
A cura di: Giorgio Agnisola
Il sottile gioco metaforico di Ilia Tufano
di Giorgio Agnisola
E’ nell’analisi delle complesse e multiple coniugazioni e riflessioni metaforiche e concettuali di parole e immagini che si svolge da anni, intensamente e lucidamente, la ricerca di Ilia Tufano. E tuttavia la sua arte non si consuma in un’ espressione puramente mentale, non si esaurisce in un progetto propriamente speculativo. Sebbene la sua ricerca si nutra di multiple tensioni intellettuali e simboliche, di intuizioni verificate nella natura del senso linguistico, doppiato e amplificato nell’immagine, il suo orizzonte investigativo resta innanzitutto visivo, si attua cioè all’interno di un gioco sottile di espressione simbolica e indicazione emozionale. E’ qui la singolarità del lavoro di Ilia. L’artista , pur muovendo da un vocabolario di forme codificate, spesso articolate in uno spazio geometrizzato, mette in campo una dinamica visiva in cui assumono importanza non solo le parole per ciò che convenzionalmente suggeriscono, a cui alludono nell’universo privato e collettivo, ma anche per la loro forma visiva, il loro contesto, l’articolazione dei loro assetti formali, il connesso risalto psicologico, le campiture cromatiche, i rilievi materici, i supporti e la struttura dell’opera. Tutto concorre, nella ricerca di Ilia, ad una sintesi visiva in cui si attua come una messa in scena di percorsi mentali e intrecciati suggerimenti metaforici, spesso con una circolare tensione allusiva che dall’idea e talora dalla citazione, dallo schema e dalla tesi concettuale rimanda alla percezione sensitiva, per riproporre all’interno di questa l’idea. Il gioco metaforico si attua cioè come in un contenitore originario, coltivato e vigilato nella memoria intellettuale, ma visivamente affidato ad un contesto poetico ed esistenziale.
La struttura delle opere assume un’importanza fondamentale in vista della comprensione dell’arte di Tufano. I supporti, i contenitori, ad esempio, sono veri luoghi metaforici. Il cubo è per Ilia spazio che serba in sé un’idea, non è l’oggetto caratterizzato soltanto da uno specifico e razionale assetto formale. Il quadrato, talora multiplo, non suggerisce solo un ordine visivo, ma apre ad una prospettiva simbolica, che si può leggere nella articolazione dei riquadri e nei loro rivestimenti cromatici. Le stesse lettere, cui l’artista fa ricorso, come fondamento linguistico e matrice formale, sono sì segnali, ma anche onde sonore, movimenti della sensibilità, riflettori e moltiplicatori del senso. A tale riguardo i cromatismi sono espliciti. I giochi di blu e di azzurro sono, ad esempio, funzionali all’idea del mare ( un tema caro all’artista): un mare interiore e spirituale, oltre che simbolico, dove i rilievi e le rugosità delle superfici accentuano e diversificano la qualità della percezione. Singolarmente il cammino metaforico dell’artista lo si comprende meglio analizzando quelle opere che sono eccentriche rispetto al suo collaudato percorso verbo-visivo. Laddove non è più la parola il supporto dell’ “idea” , ma una forma, sintetica e allusiva, che richiama un elemento realistico, come nell’opera Come uccelli volare. In esse la dinamica allusiva si esplicita ancora nella specularità del rapporto idea- visione- espressione, ma il risultato supera ogni prospettiva concettuale e assorbe ed esplicita una dimensione lirica, emozionale. E tuttavia le opere nascono sempre da un’ idea che si fa immagine, che anzi sono espresse nell’immagine.
In Maremotus, del 2007, il gioco geometrizzato del colore azzurro, che si intreccia col bianco nel tracciato delle lettere che identificano il titolo dell’opera, restituisce il movimento dell’onda, nella sovrapposta suggestione di superficie e profondità. Sicché la parola costituisce il terreno per così dire di una evidenza emozionale. Viceversa in altro lavoro, sempre del 2007, MARECUBO, il dinamismo del segno linguistico, nel chiuso di una scatola cubica, evoca la libertà del mare, ma anche la sua sfuggente, persino criptica definizione e forse il suo molteplice senso. In Mare, del 2008, tavola cromatizzata con un linguaggio geometrizzato, la disposizioni dei piani , la loro articolazione visiva, il loro intrecciarsi, sempre a partire dalla formale pronuncia della parola “Mare”, restituiscono ancora una volta l’idea di mobilità, nel variegato e complesso articolarsi di forme e colori. Nelle opere Maretondo, del 2008 e 2009, questa sensazione diventa ancora più evidente. E’ nella stessa confusione di lettere e colori, immersi in un riverbero di piani di luce che si fondono in un caleidoscopico assetto cromatico, che si riconosce e si interpreta il riferimento metaforico. E’ interessante notare che quell’assetto non ha nulla del caotico e oscuro e misterioso muoversi dell’onda. Qui la cifra visiva resta una costruzione geometrizzata, costruita come nel tentativo di riprodurre astrattamente e rigorosamente l’idea del mare. E tuttavia essa è capace di riverberare i segni sensibili e i rispecchiamenti emotivi di un’onda interna, di un mare simbolico ma fisicamente percepibile. Una sintesi visiva più rigorosa sia da un punto di vista formale che allusivo può riconoscersi nelle opere del 2012. Mare quattro è una composizione di quattro riquadri, cromatizzati con varie tonalità del blu, su cui è rilevata, con differente grandezza e in successione continua, la parola Mare. Anche in questo caso l’allusione all’onda e al suo molteplice e mobile significato è evidente. Qui è tuttavia ravvisabile come un ritorno di senso: la parola da cui è partita l’emozione, liberata in chiave dinamica, viene alla fine inquadrata, è il caso di dire, in una struttura rigida, in un assetto stabile, come un pensiero che viene infine collocato immobile nel chiuso di un ricordo.
Nelle istallazioni l’artista assume una differente libertà interpretativa. Sono installazioni in genere ispirate ad un tema, che l’artista interpreta con maggiore ampiezza formale. Nella citata opera Come uccelli volare, realizzata per il Parco Nazionale di Fogliano nel 2011, l’artista introduce, con un gioco di specchi e di sagome deposti su di un prato, ad una geografia aerea, alludendo alla leggerezza della piuma ( le sagome) e al senso dello spazio e della luce ( gli specchi e il loro riflesso). Altre volte l’artista ritorna ad un principio più mentale, come nella istallazione presentata nel 2012, sempre a Fogliano. Qui una teoria di stele, deposte sul prato in successione curva, riporta l’indicazione scritta di diversi possibili rumori e voci del bosco ( il tema della rassegna era difatti “ Naturarte: i luoghi della musica”). Ne deriva una doppia suggestione, che da un lato rimanda mediante la parola a precisi riferimenti percettivi, dall’altro ordina questi riferimenti in senso crescente, come sulla scala di una immaginaria tastiera.
Discorso a parte meritano i libri di Ilia. Il libro come contenitore di un contenuto che può esorbitare dallo stesso contenitore determina di per sé una molteplice suggestione. Ilia lavora sia sul testo sia sul contenitore, come nel molteplice raccordo tra immagine e parola. Ma qui la coniugazione appare più intrecciata, più intessuta di suggestioni personali, di memorie letterarie, di spunti filosofici, di citazioni. E tuttavia quel percorso che dalla forma si riflette nell’espressione propiziata dalla parola, anche in una prospettiva poetica e narrativa, resta il motivo fondante del suo lavoro. Che semmai si apre a pronunce più poetiche, giocando variamente sui materiali ( l’artista utilizza non solo il cartone, ma anche il plexiglass, e lavora non solo con inchiostri, lettere sovrapposte, inserti e applicazioni di foto, ma anche mediante intaglio, trasparenze del supporto, riflessioni cromatiche, sviluppi dimensionali). Come negli Aiku, veri quaderni d’anima, sintesi visive del sentimento filosofico ed esistenziale dell’artista, proiezioni di un universo psicologico delicatissimo, tracciati di una ricerca umana e culturale tra le più significative della terra meridionale.
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