Lucilla Ragni “All’anemico nemico”
A cura di: Bianca Pedace
dal 4 al 20 dicembre 2019- Mercoledì 4 dicembre 2019, alle ore 18,00 a Roma, presso lo Studio Arte Fuori Centro, via Ercole Bombelli 22, si inaugura la mostra di Lucilla Ragni “All’anemico nemico” a cura di Bianca Pedace.
L’esposizione rimarrà aperta fino al 20 dicembre, secondo il seguente orario: dal martedì al venerdì dalle 17,00 alle 20,00, altri orari su appuntamento.
In questo quarto e ultimo appuntamento di Spazio Aperto 2019, Lucilla Ragni esporrà una recentissima serie di opere appositamente realizzate.
Una scritta su un muro dell'ex-Mattatoio di Perugia - luogo emblematico poi divenuto sede della facoltà di Giurisprudenza - è rimasta impressa nella memoria dell'artista, innescando una intensa riflessione creativa.
Allo scolorare della memoria Lucilla Ragni ha dedicato un lungo percorso, che oggi la porta a focalizzare l'attenzione sulle tracce di antiche civiltà e ad eleggere a tema il luogo, fisico e metaforico, chiamato Mediterraneo.
Immagini connesse al Mare Nostrum, alle vicende, ai passaggi, alle tragedie che lo caratterizzano, sono state sottratte all'oblio, allo scorrimento incessante, di fronte al quale siamo come anestetizzati. Isolate, profondamente guardate, sono state poi stampate su carta a getto d'inchiostro e infine trattate pittoricamente con tecniche miste. Giungendo a una non riconoscibilità dell'immagine iniziale se ne svela tuttavia un significato celato; giocando con la nostra percezione, tendendogli salutari trappole, rivelando le sue implicite censure, l'immagine giunge a uno statuto nuovo che le consente di liberare la sua vera evidenza e di liberarsi della forzata impermanenza cui la nostra distopica contemporaneità la condannava. Il segno, insistito, grafico, talvolta cancella, talvolta obnubila la visione, portando con sé una riflessione sottile e pungente, non solo sull'odierno statuto delle immagini ma anche sull'odierno statuto della pittura, sentita come avventura di possibile conoscenza - un eroico e misterioso “vedere attraverso” - e, al tempo stesso, come esplorazione della condizione umana. Il colore, a volte evidente, altrove sommesso o scuro, vibra e si muove, impercettibilmente, come in un moto ondoso, reso più inafferrabile dai lievi ispessimenti e dalle opacità della tecnica antica dell'encausto.
Il lavoro sul segno è affrontato anche in uno svolgimento paradossalmente scultoreo. I confini stessi del Mediterraneo, il profilo delle sue coste sulla mappa divengono un disegno e poi un nastro, forse un groviglio, forse uno scheletro. Una scultura di carta armata e cera, appesa a un gancio (come il bue di Rembrandt), continua e chiude il cerchio: dalla scritta sul mattatoio al Mediterraneo divenuto un mattatoio, nella risonanza antica di navi, scambi, commerci, pirati, eserciti, migrazioni, non c'è che un passo; l'opera vive in bilico tra la dimensione della memoria, storica e umana, e del memorial.