Mimmo Di Laora. Arte in gioco
A cura di: Loredana Rea
Un finissimo gioco stilistico e narrativo caratterizza l’arte di Mimmo Di Laora, un gioco che riassume un abile ripensamento dei termini e dei modi del linguaggio ad un ludico ma anche riflessivo esercizio della fantasia. Spazio Aperto 2010
Dal 9 al 26 novembre 2010
Mimmo Di Laora
Arte in gioco
Un finissimo gioco stilistico e narrativo caratterizza l’arte di Mimmo Di Laora, un gioco che implica un ripensamento dei termini e dei modi del linguaggio, ma anche un ripensamento di sé, della propria vita. L’artista sviluppa infatti una sottile ricerca tecnica e linguistica (sperimentando materiali, contesti cromatici, luoghi configurativi dell’opera, spaziando dalla pittura all’incisione, alla scultura, alla installazione, alle tecniche miste), ma anche una parallela ricerca simbolica, che non si esaurisce in una pura sintesi contenutistica, annettendo singolarmente tensioni che potrebbero dirsi esistenziali. Sicché i due percorsi espressivi si intrecciano, si sovrappongono, in un articolato rimando di segni e di forme, di innesti psicologici, di soluzioni fantastiche, aperte sovente alla favola e al sogno, con una suggestiva cifra romantica e sentimentale.
L’opera sembra nascere inizialmente da un racconto immaginario, in cui ricorrono luoghi, oggetti, figure ( dadi, scale, barche, bilance, lucertole, sagome di omini alitanti, scatole, nuvole…), liberati in uno spazio in genere surreale e onirico. Ma ciò che fa da legante in ultimo e da contenitore dell’arte, non è tanto la fantasia in sé, come manifestazione espansiva del racconto visivo, quanto il suo contesto: un ambiente segnato dalla leggerezza, in cui gli oggetti e le figure possono galleggiare, espandersi, perdere peso e tempo, persino addormentarsi…: un luogo insomma senza tempo, filtrato dalla memoria, in cui tutto sembra acquistare significato di segnale interno, di avvertimento d’anima.
Non c’è dunque, nell’ opera di Di Laora, solo lo scatto della immaginazione, non c’è solo il gioco. Né l’arte è per Di Laora solo il risultato di una finissima attenzione alla forma e alle sue potenzialità evocative. Gli oggetti che egli dispone come in una scenografia esprimono la libertà interiore. L’artista sa disporli nello spazio, sa restituirli nella cromia di luoghi configurati in un universo metaforico, ma li rappresenta in un’onda interna, li carica di energia psichica e spirituale, riflettendo non di rado la sua visione dolce e dolente del mondo.
Il gioco in questo contesto, la traccia tematica che contraddistingue le sue opere recenti, acquista un significato più ampio, una valenza più sperimentale per un verso, più esistenziale, come si è scritto, per l’altro, segnata dalla personale avventura umana. Una tale bivalenza è leggibile negli stessi titoli delle opere. Come nella installazione in cui le sagome di un tavolo e di una sedia, quasi grafie infantili, sono il contrappunto simbolico dell’omino che rovina come un angelo decaduto ( Seduto tra gialle uova la terra trema, 2007). Le uova sono un segno emblematico della vita, dei suoi percorsi invisibili, del suo mistero. La sagoma della gallina in terra, contro il muro, indica la cifra ironica e in qualche modo domestica, della articolata rappresentazione. Il gioco può essere nell’immaginario dell’artista un rullare infinito di trottole in uno spazio obliquo e atemporale ( Eppur caduta è l’ora, 2002) o un perdersi sconfinato all’ombra della fortuna simboleggiata da un enorme dado ( Così stretta nelle mani, 2010) o un mosso e avvertito variare di sagome di barche ( Un mare di barche, 2010) o un pescare dall’alto come nelle profondità dell’anima ( Ed è già lontano il tempo, 2000). Barche, bilance, salamandre, trottole, pesci: sono i simboli vecchi e nuovi del raffinato e fantastico vocabolario dell’artista. In cui il gioco si fa tenera ironia, ma anche doloroso disincanto.
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