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08/06/2004 al 25/06/2004 Minou Amirsoleimani "Nel labirinto"
A cura di: Loredana Rea
I lavori recenti che Minou Amirsoleimani presenta in occasione di questa sua nuova personale, realizzati utilizzando esclusivamente la carta, che lei stessa crea, mescolando alla polpa di cellulosa pigmenti naturali, e poi modella per assecondare, da una parte, le specifiche esigenze legate alla natura della materia e, dall’altra, le necessità espressive maturate con la sperimentazione sui linguaggi dell’arte, sono l’emblematica materializzazione di una ricerca iniziata negli anni ’90, quando ha cominciato ad interessarsi all’analisi dello spazio e alla relazione con le forme in esso contenute. Nel momento in cui la sua attenzione si è focalizzata sul rapporto spazio-forma, la pittura è sembrata all’improvviso incapace di esplorare e descrivere ambiti esistenziali e culturali differenti e l’artista, per dare voce alle nuove urgenze espressive, ha cominciato a modellare nella vischiosa duttilità della carta degli elementi plastici, minimali e allo stesso tempo solenni, evocativi del dialettico rapporto tra forma chiusa e spazio aperto, tra solidità e fragilità, tra equilibrio e instabilità, tra rigidità e morbidezza. Negli ultimi anni la sistematica riflessione intorno a queste problematiche, strettamente connesse all’ampio raggio della ricerca contemporanea, l’ha condotta alla costruzione di quel linguaggio che ormai la connota in maniera peculiare, in cui la memoria delle radici persiane si fonde inscindibilmente con la tradizione dell’arte dell’occidente. Un linguaggio, contrappuntato da profondi silenzi, in cui le parole e i segni tracciati con levità si liberano di ogni tentazione narrativa, nell’intenzione dichiarata di materializzare l’immateriale, di dire l’indicibile. Il punto di partenza è il desiderio ineludibile di mantenere viva la flagranza dell’esperienza vissuta in uno spazio e in un tempo differenti da quelli intorno cui si articola la cultura occidentale, mentre il punto di arrivo è la necessità di trovare un equilibrio dinamico tra il presente e il passato, per instaurare un costruttivo confronto con il mondo e le sue inesplicabili sconnessioni. Tra loro come anello di congiunzione si pone l’esigenza di sperimentare le possibilità evocative e la forza poetica di una materia antica, fragile eppure resistente all’inevitabile trascorrere del tempo. La carta, allora, non è più solo supporto, su cui l’artista incide i segni e deposita i colori, né soltanto materia elettiva, da cui plasma le forme e attraverso cui costruisce lo spazio, piuttosto essa è l’anima dell’opera. Con la carta, modellata incisa colorata, Amirsoleimani ha creato, infatti, una serie di lavori, per lo più altorilievi, il cui carattere essenziale è di essere il risultato delle imprevedibili stratificazioni, del discontinuo aggregarsi e trasformarsi della materia sotto la spinta dei differenti accadimenti della vita. Opere sapientemente articolate per evidenziare da una parte il rigore delle forme e dall’altra le capacità evocative dei simboli della cultura iraniana, cui fa continuo riferimento, per indagare l’insondabile profondità del proprio universo interiore e, sopratutto, per non perdere la coscienza di sé. Sono micro e macro frammenti che l’artista lascia emergere dalla condizione dell’esistenza vissuta, caratterizzati da una plastica serrata, esaltata dall’uso calibratissimo dei colori e delle cere, in cui le superfici si presentano come sensibili diaframmi tesi nello spazio. Ma lo spazio non è inteso come dimensione continua e finita quanto, piuttosto, come profondità incommensurabile, immagine tangibile della dinamica discontinuità del reale, che è percepito come possibilità di oltrepassare la mutevole compiutezza dell’apparenza e raggiungere l’incessante diversità dell’infinito. Il labirinto, cui Minou Amirsoleimani continuamente allude attraverso l’uso studiato di segni e parole, graffiati in una materia estremamente ricettiva e in essa sapientemente ritmati da profondi silenzi, scelti a scandire il tempo lungo del confronto tra sé e il mondo, è quello dell’inesplicabile articolazione della quotidianità. Nel labirinto affondano tenacemente le sue radici, continuamente nutrite dalla forza evocativa della memoria, nell’intento di ritrovare la capacità di mettere a nudo se stessa, le inquietudini, le incertezze, i timori, le difficoltà della vita e recuperare la qualità emotiva degli accadimenti per tornare a sbalordirsi anche dei piccoli eventi, per sfuggire al disagio di inesplicabili assenze e invadenti presenze, per affrontare la difficile convivenza tra la solitudine dell’essere e la necessità comunicativa dell’esistere e superare il senso di precarietà che pervade ogni singola esistenza. L’emozione del quotidiano attraverso l’arte si libera dell’inevitabile banalità della reiterazione nel tempo e si materializza sulla e nella carta, per esprimere la problematicità della dimensione del tempo vissuto, nell’inconfondibile immediatezza del muto dialogo tra sé e il mondo, gelosamente custodito tra i fogli sparsi di un diario interiore.
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