Nazareno Luciani, Trame mobili del ritornare
A cura di: Loredana Rea
Nazareno Luciani sposta sul piano della quotidianità l’evento, in sé straordinario, dell’atto creativo. Segnali stradali e oggetti costruiti in forex si affiancano, in mostra, ad opere più propriamente tali, incorniciate ed appese alle pareti. Variazioni su di un unico tema in quanto, qualsiasi ne sia la materia, in tutti gli ultimi lavori dell’artista, si evidenzia una contaminazione che conduce la pittura di matrice informale VISTO DALL’INTERNO - testo di Cristina Petrelli
Espanso fino a uscire dai limiti del supporto, il suo corpo era diventato enorme.
Nel magma informale di colore e materia della pittura di Nazareno Luciani, nel 2002 era emersa una presenza riconoscibile, dalla morfologia strettamente connessa al mondo animale. Affiorata come traccia indistinta, era andata acquisendo una definizione sempre maggiore, ma non avendo altro che la sola impronta era impossibile affermare con certezza di che cosa si trattasse, se di un cagnolino oppure di un cavallo o chissà.
A rendere vano qualsiasi tentativo di identificazione era proprio quella natura sfuggente che gli apparteneva al punto da orientarne la scelta del nome. Un suono onomatopeico di stupore, oho, che ha finito per indicarlo, dichiarandone l’apparizione improvvisa, quasi fosse indipendente dal suo creatore. Ogni opera, da quel momento, si è prestata ad essere luogo della manifestazione di oho. Un gioco sottolineato dai titoli, nei quali ricorreva il suo nome, contribuendo a coinvolgere lo spettatore che, incuriosito, cercava di scorgerlo nella pittura per poterne seguire le gesta.
Inutile puntualizzare come, sin da subito, oho si sia mostrato alter ego ideale dell’artista per quell’indole ribelle, refrattaria ad ogni regola, e fortemente ludica, sempre pronta allo scherzo, che li accomuna. Nonostante questo, l’unione non è stata esente da tensioni; da nessuna delle due parti era prevista la resa. Mentre l’artista, da un lato, cercava di concentrarsi sul fare pittorico, non intendendo subire il condizionamento della forma e del suo senso, dall’altro la presenza di oho continuava imperterrita a tormentarlo. Uno scontro che nel 2005 ha dato esiti interessanti arrivando, potremmo dire, a un punto di svolta. Ingrandito fino a mostrarsi soggetto unico dell’opera, oho approssimava la sua natura a quella dell’arte rupestre. La sua sagoma si caricava di una specifica valenza evocativa capace di ridestare quel senso profondo di attestazione d’esistenza che è racchiuso nei riti ancestrali. Un periodo a cui è seguito un rarefarsi dei colori, mentre la pittura ha continuato ad essere gesto liberatorio ed energico fino a quando nel 2009, nella personale tenutasi presso la Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto (AP), non è stato più possibile scorgere oho nelle opere dell’artista. Scomparso! Quello che era assurto a fonte d’ispirazione negli ultimi anni per Nazareno Luciani, sembrava essere svanito nel nulla.
Soffermarsi su quella materia, nebulosa e agitata, permette però delle importanti riflessioni che, e lo si capisce meglio ora, ponevano le basi per lo sviluppo della produzione più recente.
In realtà oho non era sparito, si era espanso al punto da accogliere noi al suo interno. L’osservazione di quei brani pittorici suscitava una sensazione di compressione che comunicava l’impressione di trovarsi dentro a immense viscere. Essere in un enorme stomaco, pronti per venire digeriti. Esattamente come nel famoso romanzo di Collodi dove Pinocchio, dopo infinite peripezie, ritrova Geppetto nella pancia della balena o, per citare testualmente l’autore toscano, del: «terribile Pesce-cane». Un episodio centrale nelle avventure del celebre burattino perché consentirà a Pinocchio di diventare un «bambino vero», ma anche un gesto dal forte portato simbolico.
Seguito alle necessarie esperienze della vita, il ritorno diventa metafora dell’esistenza stessa. Un atto che arriva a rinsaldare e alimentare i valori dell’individuo attraverso il rinnovato contatto con le persone care. Non si tratta, dunque, di un tornare indietro, sui propri passi, ma di un percorso indispensabile per consentire sviluppi ulteriori, vero momento di crescita.
All’interno della pancia di oho, quindi, oltre a noi spettatori era finito anche l’artista. Chiuso nella sua stessa invenzione si è interrogato sul modo di procedere dando vita a Trame mobili del ritornare. Nazareno Luciani non si è arreso, infatti, a una posizione in qualche maniera subordinata rispetto alla propria “musa”, ha piuttosto voluto rendere partecipi gli altri. L’unicità d’apparizione non doveva più essere accolta con clamore e, attraverso un’operazione mentale di superamento, ha voluto privare oho della sua stessa immanenza. Avvalendosi della tecnologia, ha acquisito le sue opere con uno scanner e le ha trasformate in semplici immagini per poterle utilizzare nei modi più vari. In questa occasione ne ha sperimentato la stampa su forex e sul ferro dei segnali stradali, ma ha già in progetto l’uso del plexiglass e dell’alluminio. Inoltre, non intende impiegare il materiale come semplice supporto, ma valorizzare quelle intrinseche possibilità di montaggio e costruzione che gli permettono di provare la tridimensionalità. Si tratta, dunque, di operare su veri e propri oggetti, negando l’ambito naturale di manifestazione di oho.
Una modificazione sostanziale che sposta l’attenzione dal piano puramente artistico verso la vita reale. La presenza di oho fa il suo ingresso nella quotidianità, comparendo su materiali che hanno una propria valenza funzionale. Un processo che non toglie però alla piccola creatura, il proprio ruolo. In quel restare ombra fugace, apparizione rapida che si percepisce solo se si presta attenzione, oho mantiene tutta la sua straordinarietà. L’eccomi ricorrente nei titoli è la risposta a un richiamo, è la necessità di uscire almeno momentaneamente dalle regole stringenti imposte dalla realtà. È immaginazione, creatività pura.
In questo modo accediamo alla mente dell’artista, riusciamo a percepire la visione che vi alberga. L’apparizione di oho, il suo balenare improvviso, esula dal mondo e proietta in una dimensione altra. Nel seguire la piccola guida veniamo condotti in questo spazio libero, in cui tutto è possibile. Capacità visionaria che dissolve l’ambiente fisico.
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