Patrizia Molinari. Pensare oltre
Patrizia Molinari ha progettato un’istallazione polisemica, enigmatica e seducente, da godere con lo stesso animo del viandante di Friedrich che al cospetto della grandiosità della natura scopre la vertigine del sublime. Questo però non significa che il lavoro sia incentrato sulla natura, e sui suoi fenomeni più potenti. L’attenzione dell’artista è rivolta, infatti, non al farsi delle cose, quanto piuttosto al processo con cui guardiamo al mondo.
dal 13 al 30 marzo 2012
PENSARE OLTRE
per afferrare l’infinito
di Loredana Rea
di Loredana Rea
È un ambiente denso e al tempo stesso rarefatto quello che Patrizia Molinari ha concepito per Studio Arte Fuori Centro, che affonda le sue radici nelle esperienze precedentemente elaborate, sebbene rappresenti un ulteriore superamento delle originarie ricerche pittoriche. Negli ultimi decenni, infatti, l’artista si è progressivamente orientata verso la sublimazione di quella materia cromatica, gravida di pulsioni profonde e memorie intime, declinata negli anni in tutte le trasparenze e le opacità del bianco.
Questo nuovo progetto nasce dall’ineludibile necessità di attraversare lo spazio fisico per crearne uno illusorio, che nel primo si rispecchia, e andare alla ricerca delle sottili corrispondenze che si stabiliscono tra l’idea di assoluto e la percezione di sé.
È un’istallazione minimale e calibrata, enigmatica e seducente, da godere con lo stesso animo del viandante di Friedrich, che immerso fino alla sopraffazione nella grandiosità del creato scopre la pervadente vertigine del sublime. Questo non significa che si sviluppi intorno alla natura e ai suoi fenomeni più potenti, anche se è innegabile che essa le abbia offerto, e continui ad offrirle, le suggestioni che la guidano nell’articolazione del suo percorso operativo.
L’attenzione dell’artista in realtà è da sempre rivolta al processo con cui si guarda al mondo, per afferrare le tracce di una pienezza che non è visibile a tutti. L’intento è innescare un complesso meccanismo di rimandi e di valenze metaforiche, capaci di suggerire la strada per andare oltre, alla ricerca dei principi senza tempo che reggono il farsi delle cose, e contemporaneamente rivelare profondità lungo cui inoltrarsi, per perdersi e ritrovarsi.
Fulcro di questo nuovo lavoro di Patrizia Molinari è una grande raffinata immagine fotografica, che suscita sorpresa e fascinazione, a rappresentare emblematicamente l’incommensurabilità dello spazio e al tempo stesso l’urgenza di esplorarlo: è un buco nero, luogo e non luogo, in cui la materia è compressa fino a raggiungere una densità imponderabile e la luce è completamente fagocitata, tanto da restituire solo il suo cuore. Sulle pareti materiale specchiante, eppure non riflettente moltiplica la sensazione di trovarsi in uno spazio che non può essere definito, ma che deve essere percepito solo allertando tutti i sensi alla ricerca di una continuità tra sé e l’infinito. Il proposito è coniugare il desiderio di altrove con la logica di un pensiero, che cerca sempre di catturarlo senza mai riuscirci, per specificarne l’inesplicabile natura.
Nell’armonia assoluta del bianco, che guida lo sguardo dalle chine delle pareti verso una dimensione indistinta, in cui assenze e presenze hanno lo stesso peso, l’artista ha messo a punto un raffinato caleidoscopio, che genera illusione di dissolvere ogni limite: i piani si annullano e le profondità diventano incerte, tanto che ogni possibilità di misurarne l’estensione è vanificata. L’unica cosa da fare è abbandonarsi all’indeterminatezza assoluta di uno spazio sconfinato che, nonostante la ricercata rarefazione e l’assenza di accadimenti tangibili, pulsa di vita propria. Si percepisce, infatti, con inquietante chiarezza la forza di un’energia che tutto pervade, propagandosi incontenibile, per seguire le regole sconosciute del suo ritmo intrinseco. Sembra allora che la struttura architettonica della galleria possa davvero dissolversi, per scardinare le certezze percettive e gli ordinari meccanismi cognitivi, affermare l’irresistibile bellezza dell’indefinito e contenere le immagini che ognuno custodisce in sé. Adesso è possibile accarezzare la fragile consapevolezza di afferrare l’infinito e custodirlo nel palmo di una mano.
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