LYDIA PREDOMINATO: Labirinti
A cura di: Loredana Rea
Il labirinto rappresenta uno dei temi cari al lavoro ed alla ricerca di Lydia Predominato. Un tema che, al tempo stesso, è oggetto di riflessione e parte consistente della dimensione più strettamente operativa. Un labirinto, per dirla in altri termini, di cui si parla e che diventa esso stesso linguaggio.
Cosa significa questo: che il labirinto indica un orizzonte problematico che si traduce immediatamente in un atto operativo. Labirintico è il modo di intendere il linguaggio stesso dell'arte, dunque, di relazionarsi al procedimento formale che scrive l'opera per fare della forme un luogo di conoscenza. Credo che il nodo del problema sia lì e non a caso Lydia Predominato nel testo che accompagna questa mostra si riferisce alla matrice archetipica del labirinto, legandola strettamente al suo vissuto e, prima ancora, ad un processo di conoscenza. Il video, infatti, ha un taglio descrittivo fin troppo esplicito. L'artista vi si racconta attraverso la trama – simbolizzata – dei rapporti parentali che descrivono e circoscrivono l'arco del vissuto. Padre, madre, figlio, compagno sono i segni/segnali cha la figura protagonista incontra nel suo cammino. Un cammino che è un vagare perché è del labirinto stesso impedire un andare certo. Che questo viaggio nella memoria fondante dell'esperienza individuale si svolga dentro il perimetro chiuso di uno spazio che, per antonomasia, non si disserra è significativo ed esemplare. Quel vagare diventa un circumnavigare attorno a se stessi, girando dentro i meandri di un sé che si sviluppa, cresce e torna continuamente sui suoi passi senza poter trovare mai un esito definitivo, la chiave che apra la porta e riveli, di quella strada che è la vita, obiettivo e fine.
Quando Lydia Predominato parla della dimensione simbolica del labirinto e di come esso permei il suo lavoro lo fa in questo senso e con questa intenzione: pensarlo nei termini e nelle forme di un percorso di conoscenza il cui oggetto più autentico e profondo resta al centro misterioso, segreto ed intangibile. Un percorso il cui senso – ed il cui valore anche umano – risiede nel percorso stesso, nell'andare, nell'essere in cammino. Un percorso in cui il cercare pesa almeno quanto, se non di più, del trovare. Trovare cosa, oltretutto, se non il se stessi che cerca?
Questo motivo, che può apparire tematico se non addirittura metaforico, ha, però, una ricaduta immediata sul piano operativo, rispecchiando per molti versi il carattere e la natura dell'approccio di Lydia Predominato all'arte ed al suo linguaggio. Che è un approccio sperimentale nel senso più ampio ed articolato del termine, in quanto, cioè, presuppone che la ricerca sia oggetto stesso e tramite del fare. Si ricerca, cioè, per realizzare l'opera; ma si realizzano anche, le opere, come itinerario di una ricerca che frequenta, con assiduità costanza e metodo, quei territori del linguaggio che appaiono decentrati rispetto alle logiche della produzione artistica.
E' il caso della fiber art di cui Lydia Predominato non solo è una delle più significative rappresentanti ma di cui ha fatto una vera e propria filosofia operativa, che finisce con l'essere anche una filosofia di vita.
Con fiber art si intendono quelle pratiche legate alla dimensione della tessitura e del tessere intesi nella loro accezione più ampia e profonda. Non solo, cioè, e non tanto soprattutto come fatto fabbrile e artigianale, ma come fatto culturale, essendo il tessere prima di ogni altra cosa, una forma di creazione che ha precise e forti valenze culturali che attingono all'esperienza dell'umano in una matrice archetipica. La tessitura è ciò che identifica una cultura, è quanto definisce l'identità di una comunità, è quanto, infine, in molti luoghi del mondo diventa una vera e propria scrittura. Lydia Predominato la affronta nella complessità dei suoi valori, interessandosi ad essa come ad un luogo di ricerca che trascende la stessa dimensione tessile, riguardando, piuttosto, proprio la matrice simbolica che la fonda: quell'atto di tessere che nasce dall'incrocio delle fibre e che rappresenta il vero e proprio principio motore di ogni forma di conoscenza.
Nel lavoro di Lydia Predominato la fiber art incontra il labirinto sul terreno comune di una ricerca sui fondamenti. L'uno, in una qualche misura, dice l'altro, nel senso che la natura simbolica del labirinto si traduce immediatamente in una operatività in cui agiscono la carta, il filo, gli intrecci naturali in un gioco ricco di rimandi che mai si risolvono sul piano della mera assonanza formale. Nel senso che il labirinto non è immagine riconoscibile in sé quanto meccanismo simbolico che sottende l'atto costruttivo dell'opera. Il quale, attraverso una disposizione per cerchi e spirali risale proprio alla sua fonte, che è, prima di ogni altra cosa, luogo di energia.
Le forme che discendono da questo procedimento di lavoro si stagliano di fronte allo spettatore come entità ambigue: rimandi a qualcosa di ancestrale, evocazione di natura, composizioni astratte, realtà materiche. Tutte cose che ruotano – labirinticamente verrebbe da dire – attorno ad un che di inafferrabile, di irriconducibile ad una rivelazione certa, sia essa risolta in un dato strettamente estetico sia essa tramite di un "dire ulteriore". E che, in questo loro ruotare, rivelano la loro natura di ricerca. Perché la fiber art, per Lydia Predominato, non è recupero di una tradizione – per quanto ricca e nobile essa possa essere – ma ricerca di un'arte che sia esperienza esistenziale profonda e fondante; occasione per mettersi di fronte a se stessi in quanto parte di un sapere e di un vivere che ci trascendono e risalgono fino all'originario. Elemento questo, come abbiamo visto, ritornare nella poetica dell'artista anche da altra fonte, quella del racconto personale, in una sorta di autobiografia psichica, del video.
Il labirinto, infine, come ipotesi di una scrittura artistica che si fa scrittura del sé e ci piace qui richiamare questa immagine sia per una ricaduta di tipo metaforico (legata come è al tema dell'arte come ricerca ) che per l'interesse verso il libro in quanto forma della comunicazione e come oggetto. Non il libro come oggetto di consumo, come contenitore delle tante scritture personali (i libri), ma declinato al singolare, oggetto culturale, antropologico, che fonda un sapere prima ancora che per quello che contiene per quello che è: il luogo fisico di un dire che non può rivelarsi se non nella dimensione della sua astanza. Che ci fronteggia impenetrabile e percorribile all'infinito. Come un labirinto.
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