MARCELLO ROSSETTI: Le metamorfosi di Eros
La cultura figurativa di Marcello Rossetti risulta lucidamente incardinata all’interno della grande tradizione delle Avanguardie Storiche; lo dimostra il linguggio essenzialista che sorregge l’intera architettura creativa di questo scultore e scenografo. Hegel sostiene (giustamente) che non ci si libera dalla storia così come nessuno può abolire la propria ombra; dunque alle spalle di Rossetti si innalza il fantasma grandioso di Brancusi. Nella celebre Maiastra, infatti, ogni particolare descrittivo viene eliminato; l’uccello non ha ali, non ha penne, non ha né la testa né le zampe. Da questo momento in poi, all’interno della storia dell’arte occidentale, il duello realismo-irrealismo si risolve trionfalmente in favore dell’irrealismo. Di conseguenza, anche in Rossetti, essenzialismo a antifenomenismo si saldano reciprocamente e perfettamente. Come vedremo però, in questo maestro, la cose appaiono più complesse di questa pur evidente situazione storico-culturale; per adesso teniamoci fermi alla dichiarazione antireferenzialista che, come dicevamo, costituisce il perno della produzione artistica del nostro. Nello scultore, e questo è un punto assolutamente centrale, l’antireferenzialismo non si presenta come mero formalismo; nel momento in cui afferma l’aseità semantica e concettuale dell’arte, Rossetti opera in modo che, all’interno della ricerca, prenda forma la sensibilità umana. Nessuna vicinanza, tanto per fare un solo esempio, con la Minimal Art la quale esibisce un destino tautologico da cui non si può liberare. In Rossetti, lo ripetiamo, nel momento stessoin cui l’arte esibisce la propria autarchia, pretende di parlare del mondo e dell’uomo. In proposito leggiamo il suo Godot.
L’artista non pensa di commentare Beckett, ovviamente; cambia completamente registro e abolisce la dimensione metafisica del testo originario. Il discorso di Beckett ruota intorno all’assenza dell’Assoluto; lo scultore evoca invece l’attesa di Eros. Da qui l’elemento lirico ed elegiaco che bagna la fatica rossettiana; certo in questo caso ci allontaniamo da un’astrazione ortodossa; ciò non ci scandalizza perchè, come dicevamo all’inizio, la ricerca del maestro è posta inequivocabilmente sotto il segno della complessità e dell’articolazione. Ora, l’aver sostituito all’Assoluto l’amore umano, la dice lunga sulla filosofia di Rossetti; molto semplicemente lo scultore dimostra di voler meditare sul finito e non sull’infinito. Non è solo Godot poi, ad evocare Eros; non c’è lavoro di questa mostra che sfugga ad una tale presa. Prima di procedere, ragioniamo ancora sull’astrazione rossettiana.
E’ noto che, grazie a Malevic e a Mondrian, si sviluppa una linea platonica dell’astrazione; il platonismo, in tutte le sue forme, tende permanentemente a rimuovere la vita, la carne, la realtà fenomenica, tutto ciò che sfugge insomma all’abbraccio esangue dell’idea. Marcello Rossetti, da buon “filosofo del finito”, si pone agli antipodi di una tale posizione e trova pertanto nell’erotismo la chiave di volta per combattere il platonismo che da sempre affligge l’Occidente. In questo senso è innegabile la sua vicinanza a Nietzsche; per il teorico del dionisismo, infatti, la creazione artistica corre sulle strade del sistema nervoso; ne consegue che il gusto è influenzato potentemente dal corpo, per cui non è bello ciò che suscita il nostro disinteresse, come vuole Kant, ma ciò che parla ai nostri istinti e alle nostre pulsioni più profonde. Tutto ciò comporta il crollo dell’anima intesa come un’entità pura ed incontaminata che non ha nulla a che vedere con il corpo e con le sue “bassezze”. Nietzsche continua sostenendo che in mancanza della sessualità, l’arte non avrebbe forza; a questo punto veniamo al Sogno di Mercuzio, un’opera assolutamente originale e innovativa.
Chi scrive non conosce artisti che abbiano affrontato il “testo nascosto” fra le pieghe di Romeo e Giulietta; nel capolavoro del Bardo, infatti, si celano due storie d’amore; quella in superficie fra il “bel Montecchi” e la Capuleti, e quella occulta che vede Mercuzio innamorato di Romeo. Il lavoro rossettiano, di conseguenza, è tutto costruito su elementi fallici; più attivi ed aggressivi quelli esibiti da Mercuzio perchè, come dice bene Thomas Mann, il dio è nell’amante, non nell’amato; più morbidi quelli di Romeo il quale è l’oggetto dell’amore nevrotico ed infelice di Mercuzio. Con il Sogno di Mercuzio, lo scultore si fa particolarmente acuto e sottile; tutto l’amore è sacro, e nessuna scelta può essere sottoposta a negazione e pregiudizio. Cogliamo così la dimensione radicale dell’antiplatonismo rossettiano; rivendicando, infatti, l’universalità e l’urgenza di Eros, il maestro arma la sua arte e la scaglia contro tutti i fondamentalismi i quali, come è noto, si nutrono non solo di “amore platonico”, ma di razzismo e, in primis, di razzismo sessuale. Detto questo, appare allora evidente il perchè della presenza in mostra del bel progetto di Socrate, un monumento per il comune di Cosenza che speriamo venga realizzato al più presto. Ai fondamentalismi ottusi, ciechi e sordi, Rossetti oppone provocatoriamente il grande maestro del dialogo; la lettura che però offre del “tafano di Atene” è del tutto diversa da quella propostaci da Platone. Quest’ultimo, da “santo patrono” di tutti i fondamentalismi, riconduce Socrate alla Verità Assoluta; l’artista, al contrario, riallaccia Socrate ai sofisti e dimostra la fragilità del dialogo, il suo scendere e salire, la sua sostanziale ed insuperabile inesauribilità. A questo punto, al termine di un breve e non esaustivo viaggio, riusciamo comunque a cogliere il cuore della creazione rossettiana.
Quale è questo cuore? Questo centro è semplicemente ed eloquentemente l’umanesimo; è per questo che lo scultore respinge Malevic e Mondrian; i due maestri dell’astrattismo calvinista sono platonici, cioè nemici giurati dell’uomo in carne ed ossa. L’arte di Marcello Rossetti è al contrario, tutta rivolta all’uomo in carne ed ossa, all’uomo che ama e che affronta le tragedie e le contraddizioni dell’amore e della carne. Grazie a tutto ciò, quest’uomo è un adulto, cioè non si rifugia infantilmente fra le braccia mortifere della Verità Assoluta, bensì pratica la debolezza degli incontri, delle relazioni, dei confronti intellettuali. L’arte viene investita integralmente in queta avventura e quindi non può essere sganciata dalla concretezza umana; in questo modo Marcello Rossetti non solo “carnalizza l’essenzialismo”, ma coniuga felicemente etica ed estetica. In conclusione, costringe l’arte a partecipare alla battaglia che punta, giorno per giorno, attimo per attimo, a preservare ciò che è permanentemente in pericolo: l’umanità dell’uomo.
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